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Antonino R. Luciani

 

Palermo, 1931 – Firenze, 2020

Nato a Palermo nel 1931, si trasferisce con la famiglia a Firenze all’età di due anni. Conserva il nome di Antonino, datogli dai genitori, insieme a quello di Riccardo con cui si fa chiamare ed è conosciuto dagli amici. Avendo manifestato naturalmente spiccate attitudini musicali, componendo e improvvisando al pianoforte fin da giovanissimo, Luciani viene avviato agli studi pianistici da Clemente Terni e decide, fin da adolescente, di dedicarsi alla musica. 

Un incontro con il compositore statunitense David Hoyt Kimball lo spinge, diciassettenne, a trasferirsi nel Canavese, per divenire (dopo Leonard Bernstein, Samuel Barber, Giancarlo Menotti e Nino Rota) l’ultimo allievo della scuola di Rosario Scalero: questi, dopo aver insegnato Contrappunto e Fuga al Curtis Institute di Philadelphia, si era ritirato nel castello di Montestrutto a Settimo, nei pressi di Ivrea, dove proseguiva la lezione della grande scuola contrappuntistica di Nottebohm, Brahms e Mandyczewski. Nei tre anni e mezzo di studi con Scalero Luciani approfondisce lo studio e la pratica del contrappunto, che proseguì in modo naturale sotto la guida di Roberto Lupi, una volta rientrato a Firenze e iscrittosi, ventunenne, al Conservatorio “Luigi Cherubini”. Numerose affinità spirituali e artistiche lo legano a Lupi, che lo incoraggia ed esprime apprezzamenti lusinghieri per composizioni come il Trio con pianoforte (1952), il primo lavoro di Luciani eseguito a Firenze nella stagione dell’A.Gi.Mus, nella Sala del Buonumore. Tuttavia, la curiosità e il desiderio di nuovi stimoli allontanano poi da Lupi il giovane allievo, che conclude il ciclo di studi con Vito Frazzi, affinando con questo maestro le sue qualità di orchestratore e diplomandosi in Composizione.

Già prima di conseguire il diploma Luciani è ammesso, eccezionalmente, a seguire i corsi estivi di perfezionamento tenuti da Frazzi all’Accademia Chigiana. Dei tre anni di esperienza senese testimoniano pagine come lo Stabat Mater, dedicato al Conte Guido Chigi Saracini, l’operina da camera Lo starnuto, dal racconto di Cechov Morte di un impiegato (eseguita a Siena in forma di concerto e nella quale emerge, per la prima volta, la sensibilità letteraria di Luciani), il balletto Incontri (eseguito da una coppia di ballerini nella sala della Chigiana) e un capolavoro pianistico dedicato a Paolo Renosto, la Sonatina chigiana, del 1955.

Dopo aver vinto e poi rifiutato un posto di consulente musicale alla RAI, Luciani trascorre tre anni in Colombia, a Bogotà, dove si familiarizza con i ritmi sudamericani e svolge attività di direzione d’orchestra, di coro e docenza in ambito universitario. Qui inizia anche la preziosa opera di alta divulgazione per l’educazione all’ascolto musicale che Luciani svolgerà poi anche in Italia, formando generazioni di ascoltatori consapevoli, che seguiranno i suoi corsi alla Scuola di Fiesole, alla Scuola Normale di Pisa, alla Scuola Superiore del Trio di Trieste e all’Università degli Studi di Firenze.

Rientrato in Italia, nel 1963 inizia a lavorare alla RAI, inaugurando una copiosa e fortunata produzione musicale legata al cinema e alla televisione, dove – soprattutto in quegli anni – sono richieste e apprezzate qualità di alto artigianato musicale, oltre alla capacità, tipica di Luciani, di assimilare e far propria la scrittura di qualsiasi periodo, senza sottrarsi all’uso di linguaggi eterogenei, da quello tradizionale alla politonalità e alla serialità. Si ricordano, di questa produzione “funzionale”, le musiche scritte per il film di Eriprando Visconti Il caso Pisciotta (una delle prime pellicole sul tema della mafia), più di una settantina di collaborazioni con importanti case discografiche (RCA, Ricordi) e raffinati esercizi di stile, come le musiche Dal Medioevo al Rinascimento (fra le quali la celeberrima Chanson balladée, utilizzata come sigla della fortunata trasmissione televisiva Almanacco del giorno dopo).

Assunta la docenza di Lettura della partitura al Conservatorio “Luigi Cherubini” nel 1969, Luciani si riavvicina all’ambiente fiorentino, al quale contribuisce a legarlo soprattutto la stima dimostratagli da Piero Farulli, che alla Scuola di Musica di Fiesole gli affida numerosi corsi di analisi musicale per adulti e gli commissiona importanti composizioni, da eseguire con gli organici della scuola o all’Estate Fiesolana. Fra questi lavori si ricordano la cantata Hoy como ayer (per soprano, coro e orchestra, su testi di Gustavo Adolfo Bécquer), la Passione per soli, coro, voce recitante e orchestra Ecco, verranno i giorni (liberamente tratta dai Vangeli da Sergio Ciulli) e l’opera Talgor, scritta per i vari organici della Scuola di Fiesole su libretto di Giuliano Toraldo di Francia, rappresentata nel 1984 in coproduzione al Teatro Comunale di Firenze, al Teatro alla Scala di Milano e al Teatro Romano di Fiesole, con regia e costumi di Sylvano Bussotti e le scene di Fernando Farulli.

A partire dal 1991 anche l’Orchestra Regionale Toscana, sotto la direzione artistica di Aldo Bennici e poi di Giorgio Battistelli, commissiona importanti pagine del catalogo di Luciani e prendono vita altri capolavori, come Le tombeau perdu per orchestra d’archi, scritto in occasione del bicentenario mozartiano, per il progetto “Caro Mozart”, ideato da Bennici e realizzato in collaborazione con Casa Musicale Ricordi. Le commissioni ORT proseguono con due melologhi: Cantus memoriae (su lettere di condannati a morte dell’ultima guerra mondiale, diretto più volte in Italia da Piero Bellugi), e O’Parapiri. Il melologo dell’Oca, su un racconto tratto dal Libro degli animali di Fabio Tombari, particolarmente amato da Luciani.

Fra le molte pagine cameristiche, spesso dedicate a illustri interpreti vicini a Luciani, si ricordano i Tre pezzi per chitarra scritti per Nuccio D’Angelo (1974), la suite per pianoforte Le ore del giorno, idealmente dedicata al pianista Tiziano Mealli (1976), le Tre liriche su testi di Arnoldo Pini, dedicate a Dorothy Dorow e Flavio Cucchi (1983), l’elaborazione di Antiche melodie napoletane per voce e complesso di chitarre (1988), Tre monologhi per violoncello scritti per il figlio Jacopo (1989), Due monodie mediterranee per flauto, dedicate a Marzio Conti (1986), Due monologhi per viola dedicati ad Antonello Farulli (1990), il Concerto di Anacrò per flauti dolci, quartetto d’archi, pianoforte e percussioni, dedicato a David Bellugi (1993), le Canzoni del silenzio e della lontananza per soprano e strumenti, su testi di Renzo Ricchi, Alberto Pola e Ferruccio Masini (2000), Selon Queneau per violino e pianoforte (un tema con variazioni ispirate alla tecnica degli Esercizi di stile dello scrittore francese, 2004), le Parodie intorno a due canzoni amorose per violoncello e pianoforte, dedicate ad Andrea Nannoni e Giovanna Prestia (2007), le Tre liriche per voce e strumenti su testi di Annalena Aranguren (2011).

A tutt’oggi ineseguita resta la “cantata giocoseriosa” dei Proverbia, un lavoro del 1993 per soprano, coro femminile e orchestra su testi del compositore, tratti dalla raccolta di Giuseppe Giusti di proverbi toscani e da proverbi stranieri.

Eleonora Negri

 

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