«Firenze è la città ideale, perché concede l’isolamento a chi lo chiede». [1]
La “pulsione” dei triestini verso Firenze (per usare un termine inerente al vagheggiamento psicanalitico di Svevo e di Saba) è storicizzata. Nell’orbita vociana per Slataper, Carlo e Giani Stuparich, Alberto Spaini, Marin, Saba. […] Isolata, la “pulsione” di Michelstaedter da Gorizia a Firenze e bruciata nell’ultimo ritorno suicida. […] Tutt’altre le ragioni che sospinsero Dallapiccola a Firenze, vivendoci quasi cinquant’anni come nella sua città. La città dell’uomo, per lui. Ed egli stesso ha dichiarato i motivi di una scelta diventata definitiva, nel rispondere al saluto del Sindaco Luciano Bausi alla Tavola rotonda voluta da Alessandro Bonsanti al Vieusseux, nel ’74: «Si è detto, a ragione, che io amo l’isolamento. Firenze è la città ideale anche in questo senso, perché concede l’isolamento a chi lo chiede». E ancora: «Tre sono gli elementi che credo siano alla base del mio attaccamento per questa città. Prima di tutto le sue pietre e il suo paesaggio; poi la lingua incredibilmente ricca e splendida della sua gente; e ancor più le lapidi dantesche che possiamo leggere su tanti palazzi del Centro; cosa questa che costituì per me una sorpresa e una commozione più di cinquant’anni or sono». Le lapidi dantesche sui palazzi fiorentini. Ma prima, e poi lungo tutta la vita, la lettura di Dante. È azzardabile l’ipotesi che nessun altro musicista ne ebbe conoscenza e studio tanto assidui. Mediante la ferrea memorizzazione, personaggi o eventi erano spunto ai versi citati, nelle lettere o nel colloquio. Anche variando, polemicamente, come in una lettera scrittami il 10 novembre ’46 a proposito di un mio intervento ritenuto antiatonale e antidodecafonico insieme: «Se il caso ha portato me a muovere le acque non so che farci. Non me ne faccio un merito, ma non tollero di ciò mi si accusi. Perché, in fondo, anche nei tuoi articoli c’è spesso un pedale che suona “Gigi istrian, di quanto mal sei matre!”».
Alle spalle della lettura dantesca, certamente il padre, professore e preside del ginnasio liceo di Pisino d’lstria. Ne udii parlare con devota ammirazione da due sorelle professoresse nello stesso istituto. Lo dicevano uomo di autentica cultura e di ben alto livello civile. Firenze, dunque, città della vita e dell’uomo inseriva Dallapiccola nel suo contesto, ma lasciandolo, per molti anni, alla sua solitudine operosa. Città di incontri difficili, per lui, di poche amicizie fedeli. Soltanto nel secondo dopoguerra man mano più aperta ai rapporti culturali e alle frequentazioni. […] Incontri separati. La sera o il pomeriggio, in casa sua. Viale Margherita e via Bolognese. Qualche pasto all’Antico Fattore. Mai accadde trovarlo ai tavolini delle Giubbe rosse. Infatti, non avrei saputo vederlo nell’abitudine del caffè, in conversazione con personaggi quali Landolfi o Delfini, Vieri Nannetti o Sebastiano Timpanaro senior, Raffaello Franchi dall’arguto fiorentinismo borghigiano. Neppure potevo immaginare un dialogo scoperto fra lui e Carlo Emilio Gadda. Anche negli interessi germanistici, i suoi non eran quelli di Leone Traverso. Hofmannsthal, George, Trakl, indagati e tradotti da Traverso portavano lontano dalla linea che egli praticava. Che ha per autore base Mann, letto in lingua originale. […] Occorre indugiare sui sodalizi e movimenti fiorentini perché non soltanto di aneddotica o cronaca si tratta, ma sono sempre indizi, o spie inerenti al carattere, e dunque alla forma spirituale. […] Non vedo incontro fra Dallapiccola e «Solaria». L’apertura europea di «Solaria» e quella del musicista divergevano. Quanto alle amicizie con Bonsanti e con Loria, esse crebbero più tardi, soprattutto quando nel ’45 nacque il «Mondo Europeo» diretto da Bonsanti, dove Dallapiccola ebbe collaborazione continuativa, insieme a Domenico De Paoli. Precedente è soltanto il rapporto con Bonsanti, dal ’35 circa, tramite l’amicizia fra le due consorti, e la pubblicazione di alcuni scritti su «Letteratura». Incontri separati, ho detto. Guardando uomini e situazioni attraverso i luoghi comuni dell’ottica storica, la Firenze di allora potrebbe apparire come una goliardia di frequentazioni. Ma non era vero. […] Fra Montale e Dallapiccola, se avvicinamento ci fu, anch’esso data dal lavoro al «Mondo Europeo». Ma non risulta che nascesse vero sodalizio. […] Il contatto con Bonsanti, delineatosi dunque intorno al ’35, si concreta nella collaborazione a «Letteratura», con quattro scritti, due di particolare importanza. […] Firenze, città dell’uomo, per Dallapiccola; ma dell’uomo isolato, forse solo. Nell’isolamento una componente: la religiosa-cattolica. La sua religiosità non poteva riconoscersi nella comunitaria o di gruppo.
[1] Gianandrea Gavazzeni, Introduzione, in: Parole e musica.